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Il palazzo sorse come residenza della
famiglia Calefati di Canalotti, originaria di Messina e residente a Palermo.
Quanto infatti, i Calafati acquistarono il grande feudo di Canalotti (tra
Mazzarino e Gela), ebbero l’esigenza di far costruire una dimora nelle vicinane
dei nuovi possedimenti per sostarvi durante il trasferimento da Palermo. I
Calefati cercano di emulare i fasti ed il lusso dei palazzi palermitani
dimostrandosi aggiornati e desiderosi delle ultime espressioni della moda
rococò. Il palazzo fu costruito nel quartiere San Rocco. In seguito il palazzo
passò alla famiglia Scrofani-Cammarata e da questa fu venduto alla Federazione
Cattolica. Dal 1940 la Cassa Rurale “San Michele” è proprietaria dell’immobile
nel quale ha la sede principale. Oggi
unificata con la BCC G. Toniolo
e San Michele di San Cataldo. Il palazzo si trova nel quartiere S.
Rocco e si accede ad esso dal corso Umberto I. Al piano nobiliare, il
palazzo conserva ambienti rappresentativi di gusto barocco. Nel 1747,
il pittore Luigi Borremans realizzò gli affreschi delle volte e
le pitture ad olio dei sopraporta nei saloni. Un particolare rilevante è
la specchiatura centrale della volta nel salone principale, che
raffigura Rebecca ed Eliazar
ARCHITETTURA
Esternamente l’edificio si configura come un semplice blocco a due elevazioni, con una superficie muraria su cui emerge, per differenza cromatica, lo schema compositivo di risalti verticali “giganti” che scandiscono il fronte, conclusi da un cornicione. Unici elementi decorativi le mostre modanate delle aperture, inquadrate da beccatelli, sormontati da frontone retto risaltato e le ringhiere a petto di “colomba” dei balconi. Da una foto storica si nota che una delle due aperture del primo livello del prospetto principale, originariamente ad arco a tutto sesto, è stata modificata. Nel piano nobile del palazzo è conservato l’unico esempio di interno gentilizio di stile barocchetto rococò della città: un salone rettangolare definito orizzontalmente da una volta con una specchiatura centrale mistilinea, contenente l’affresco di Rebecca ed Eliazar, sottolineata da un motivo decorativo, e due ovali contenenti gli affreschi di Borremans. Angeli, angioletti, mezzibusti a rilievo entro cornici mistilinee, e stemmi della famiglia, realizzati in stucco, completano l’apparato decorativo della volta. Nelle pareti laterali si aprono simmetricamente quattro aperture con sopraporte riccamente intagliate, con episodi biblici dipinti ad olio, all’interno di specchiature mistilinee con festoni e volute, sovrastate da frontoni ondulati. Lo stesso schema decorativo è presente nelle porte del salone adiacente; mentre le sopraporte della parete ovest del salone principale presentano dipinti entro cornici ovali. L’autore degli affreschi datati 1747, e delle pitture dei sopraporta è Luigi Borremans, figlio del famoso Guglielmo. Sono attribuiti al Borremans anche due dipinti prima presenti nel palazzo ed attualmente collocati presso il Museo Diocesano di Caltanissetta. Probabilmente l’edificio occupava una superficie più estesa, prima della costruzione dell’attiguo palazzo Amari. Originariamente si accedeva al piano nobile dallo scalone, adiacente l’androne, collocato nel palazzo Amari.
Foto di Attilio Scimone
Foto di Valeria Lo Presti
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