La casa di Leonardo Sciascia

Ci troviamo in uno dei luoghi più significativi per Leonardo Sciascia (Racalmuto, 1921 – Palermo, 1989), autore considerato una delle più grandi figure letterarie del Novecento italiano ed europeo, ancora oggi indissolubilmente legato alla città di Caltanissetta. Nel capoluogo nisseno, definito dallo stesso una delle sue patrie spirituali, si trasferì per la prima volta nel 1935. Proprio qui conseguì il diploma, dopo aver frequentato l'Istituto Magistrale "IX Maggio", allora sito presso il Monastero di Santa Croce. Discepolo di Vitaliano Brancati, formò in quel periodo la propria coscienza civile sui testi di Montesquieu, Voltaire, Cesare Beccaria e Pietro Verri.

Inizialmente, abitò al primo piano della palazzina sita alla destra del monumento dedicato a Caponnetto; qualche anno più tardi, in seguito al suo trasferimento presso un ufficio del Patronato scolastico di Caltanissetta, si trasferì al numero civico 141 della stessa via Redentore, dove abitò dal 1960 al 1967.

Nella Sua autobiografia, Leonardo Sciascia definì gli anni trascorsi nel capoluogo nisseno come i più indimenticabili della sua vita; è qui che ha continuato ad impegnarsi nei suoi interessi, che spaziavano dalla scrittura, alla politica, all’arte, crescendo spiritualmente insieme ad una città che, sin dagli anni del Fascismo, ha cercato e dato speranza attraverso la Cultura. Qui, Sciascia ha partorito alcune delle sue opere più significative, tra cui “Il giorno della civetta” (1961) - col quale inaugurò una nuova stagione del giallo italiano contemporaneo -, “Il consiglio d’Egitto” (1963) e “A ciascuno il suo” (1966). L’amore per la conoscenza ed un ambiente culturalmente fertile rappresentano la giusta combinazione che ha portato Sciascia ad approfondire più interessi. E’ qui che, dedicandosi anche all’analisi critica della pittura, ha avuto contatti anche con i pittori siciliani del tempo.

Vincitore del premio Pirandello nel 1953, assegnatogli dalla Regione Siciliana per il suo saggio “Pirandello e il pirandellismo”, ancora oggi, a Caltanissetta come nel resto del nostro Paese, Leonardo Sciascia rimane un punto di riferimento in ambito letterario, artistico, politico e spirituale, una figura poliedrica che non ha soltanto rappresentato un’importante risorsa per il nostro territorio, ma ci ricorda anche quanto il capoluogo nisseno sia stato altrettanto una risorsa culturale e spirituale per quanti, in quegli anni, sapevano farne tesoro. Leonardo Sciascia si è arricchito dei nostri luoghi – dalla Biblioteca comunale “L. Scarabelli”, che frequentava per ispirare le proprie opere, allo storico “Bar Romano”, in cui trovava ristoro ed occasioni di confronto, alla libreria storica dell’amico Salvatore Sciascia, contribuendo ad avvalorarli al contempo.

Caltanissetta fu anche testimone della sua vita sentimentale: il 19 luglio del 1944, presso la Chiesa di Santa Maria del quartiere della Provvidenza, sposò la maestra Maria Andronico, con la quale ebbe due figlie, Laura e Anna Maria. Oggi è possibile trovare la relativa documentazione presso la Chiesa di San Giuseppe: i documenti, infatti, sono stati trasferiti in seguito ad una temporanea chiusura della Chiesa della Provvidenza. All’ingresso della Chiesa in cui sono state celebrate le nozze, invece, è presente una targa commemorativa, voluta dal Comitato di Quartiere di San Giuseppe, a settantotto anni trascorsi dal lieto evento.

Negli anni vissuti a Caltanissetta, Sciascia collaborò anche con riviste antologiche dedicate alla letteratura e agli studi etnologici, assumendo l'incarico di direttore di «Galleria» e de «I quaderni di Galleria», edite dallo stesso amico Salvatore Sciascia.

Nel 1967 si trasferì a Palermo per seguire le figlie negli studi e, due anni dopo, iniziò la sua collaborazione con il Corriere della Sera. Andò in pensione nel 1970, ma continuò a scrivere sino alla morte, avvenuta a Palermo il 20 novembre 1989, a causa di un mieloma multiplo.

 

 “Noi siamo quel che facciamo. Le intenzioni, specialmente se buone, e i rimorsi, specialmente se giusti, ognuno, dentro di sé, può giocarseli come vuole, fino alla disintegrazione, alla follia. Ma un fatto è un fatto: non ha contraddizioni, non ha ambiguità, non contiene il diverso e il contrario”.

(L. Sciascia in Candido, ovvero un sogno fatto in Sicilia).

 

 

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